Goum, una parola meravigliosa!!

 

Il termine Goum ha lontanissime origini semitiche. Per comprenderlo è necessario analizzare la sua etimologia, risalendo fino alle radici semantiche, per seguire poi alcuni dei suoi sviluppi. Tutto ciò risulterebbe comunque insufficiente se non ci sforzassimo di capire il modo di pensare e di parlare delle popolazioni semitiche (arabi, ebrei, abitanti dell’Asia occidentale), poiché esse si esprimevano in una lingua concreta, in cui le parole derivavano direttamente dall’esperienza vissuta. Per citare qualche esempio, esse non diranno: ‘eternità’, ma ‘nei secoli dei secoli’; e ancora: “Colui che è, che era e che viene” per indicare ‘l’Eterno’ (vedere Apocalisse 1, 8).

 

La radice della parola Goum è ‘qâma’, il cui significato originario è ‘levarsi’, ma anche ‘risorgere’, come colui che, morto, si alza per ‘rimanere in piedi’, ‘reggersi’ e ‘restare saldo’. Un significato che è arricchito dai concetti di ‘essere’, ‘esistere’, ‘essere collocato’, ma anche di ‘salire’, ‘mettersi in cammino’ e ‘partire’. Fin dalla sua origine, questa parola trabocca di vita poiché è pregna di un significato che esprime lo sgorgare della vita. E’ un termine che dà ad ogni azione un dinamismo interiore. Goum è un’espressione molto più forte del semplice ‘fare qualcosa’ in italiano.
La parola araba ‘qâm’  ha esattamente lo stesso significato di ‘qûm’ (o ‘kûm’, forma ortografica derivante dalla traduzione greca del Vangelo) .
Nella Bibbia quest’espressione è molto frequente:

  • In alcuni punti assume il significato di ‘levarsi’: “Io piango nella tristezza; sollevami secondo la tua promessa”. (Salmo 118, 28) - “E dopo di te sorgerà un altro regno, inferiore al tuo”. (Daniele 2, 39)
  • In altre parti ‘qâm’  è traducibile con ‘in piedi’, termine contrario di ‘seduto’: “Essi camminavano in piedi in mezzo alle fiamme e benedicevano il Signore”. (Daniele 3, 24).
  • Questo termine però può significare anche ‘mettersi in piedi’ e ‘rialzarsi dai morti’: “L’uomo, venuto a contatto con le vesti di Eliseo, risuscitò e si alzò in piedi”. (2° Re 13, 21).

Il Vangelo utilizza la parola ‘kûm’. È Gesù stesso che la pronuncia quando ordina alla giovinetta morta di alzarsi: “Talita kum”, che significa: “Bambina, io ti dico, alzati!” (Marco 5, 41). Ormai il significato della parola si è decisamente arricchito di vita. Non si tratta più di un semplice alzarsi, ma di ‘risorgere’, di ritornare alla vita. In altre parole, ‘kûm’ significa: “Alzati, va e cammina verso luce della risurrezione! Va e cammina verso la vita”.
La stessa radice araba ‘qâma’  si arricchisce ancora con la parola ‘qâma alà’. Il concetto di fondo resta lo stesso, cioè ‘alzarsi’, ma si amplia e diventa ‘insorgere’, ‘ribellarsi contro qualcuno’. La parola segue la stessa direzione, poiché fra ‘insurrezione’ e ‘risurrezione’ troviamo la stessa idea, quella di rialzarsi dalla morte o insorgere contro il nemico che porta la morte. Il significato si è caricato di violenza, di rivolta, non tanto per distruggere, quanto per salvare un’indipendenza minacciata,una libertà, una vita. Significa rifiutarsi di morire soffocati dall’aria inquinata del conformismo, per respirare a pieni polmoni il vento di libertà vera che soffia nella direzione del Bene.
Nella molteplicità dei suoi sviluppi, la radice ‘qâma’ conosce ancora una tappa importante con la parola ‘qâwn’, che in quel caso significapopolo’, ‘nazione’, ‘tribù’,  ‘appartenenti alla stessa parentela’. Essa esprime perfettamente l’unità del gruppo, la solidarietà: in poche parole, una fratellanza in cui l’individualismo non trova spazio.
Infine aggiungiamo un’ultima derivazione: ‘qâwmat’, così si avrà un’idea più precisa della parola Goum secondo la sua etimologia. Il termine sta ad indicare un popolo solidale, una tribù in cui tutti formano un corpo unico per alzarsi, combattere, insorgere, ribellarsi e rifiutaredi piegarsi di fronte al nemico, all’invasore e, infine, per camminare e vivere liberamente, a fondo.
Ecco allora ciò che significa la parola Goum: “Una meravigliosa parola della lingua araba. Occorre interpretarla partendo dalle sue radici e seguendo tutti i suoi sviluppi. Essa contiene una triplice idea di tribù, di vita e di risurrezione. Infatti indica proprio una tribù, un popolo, ma un popolo che si mette in piedi, che insorge. Ancora meglio: un popolo, una tribù che si alza in piedi, che torna alla vita... che risuscita!!” (Michel Menu).

 

Quando si parla in una lingua concreta che esprime vita ed esperienza, i concetti non rimangono nelle nebbie dell’astrazione, ma prendono corpo e passano all’azione per diventare storia.
La parola Goum entrò così nella vita quotidiana degli uomini dell’Atlante e di coloro che abitavano ai confini del deserto, in quelle tribù fiere della propria indipendenza. Fin dai tempi più remoti, i Berberi occuparono la regione del Maghreb, a nord e nord-est dell’Africa. Sotto le influenze, prima cristiane e poi islamiche nel VII secolo, persero progressivamente le tracce della loro civiltà, ad eccezione di alcune tribù che si rifugiarono nelle alte e inaccessibili montagne dell’Atlante.
I Goum sono innanzitutto dei popoli liberi, che sono riusciti a sfuggire alle dominazioni delle diverse invasioni. I Turchi sono stati i primi a riconoscere loro una struttura e un’esistenza ufficiali poiché avevano ben presto compreso i vantaggi che potevano trarre da queste tribù di soldati feroci. I Goumier organizzarono infatti la ‘gouma’ o ‘qûma’, cioè una rete di bande di predoni pronti ad armarsi al primo richiamo del loro capo per essere schierati in rivolte, spedizioni e lotte. Da questo momento la parola Goum entra nella storia militare. Questi soldati non appartenevano ad alcun esercito regolare. In caso di guerra, ogni tribù era tenuta ad inviare un contingente di soldati armati al capo villaggio. I Goumier si configurano quindi come forza ausiliaria, libera ed estremamente mobile.
Con l’occupazione dell’Africa del nord, i Francesi colsero subito l’importanza di guadagnarsi la simpatia dei guerrieri Goumier. Infatti a partire dal 1908, il generale D’Amade creò in Marocco delle forze di polizia reclutate fra queste tribù. Verranno chiamati ‘Goumier marocains’. Pur essendo reclutati, addestrati e amministrati da ufficiali francesi, questi soldati restarono sotto l’autorità del loro capo tribù. Il loro statuto è stato sempre particolare poiché non furono mai sottomessi ai regolamenti degli eserciti regolari. Generalmente vennero utilizzati come esploratori e, dopo l’azione contro il nemico, si ricongiungevano al loro esercito. Armati ed equipaggiati a loro spese, la missione dei Goumier conservò quella caratteristica di libertà che fu per loro così cara ed importante. I ‘Goumier marocains’ si distinsero in modo particolare durante la Seconda Guerra Mondiale in Italia e Francia.

 

La meravigliosa parola Goum, traboccante di libertà vissuta e di stretta fraternità tesa verso la vita, avrebbe tranquillamente potuto scomparire nel dimenticatoio delle grosse enciclopedie e dei voluminosi dizionari storico-linguistici se, negli anni 1969-1970, non fosse stata trapiantata in una nuova terra desertica, in Francia! Sotto l’impulso di Michel Menu, diversi giovani si sono ritrovati e organizzati per partire e camminare a piccoli gruppi, nei loro deserti, meravigliosi altipiani francesi. E’ là che hanno vissuto la profondità di questa nuova parola: Goum! Anche loro, come i loro antenati dell’Altante, sono diventati questo ‘popolo autonomo in cammino su piste di libertà’, tentando di sfuggire alla morsa sottile di una società senza Dio.

 

La grande gioia è stata di scoprire che Gesù stesso ha utilizzato questo termine Goum, almeno nella sua radice ‘kûm’ invitando la fanciulla a ritornare alla vita e a camminare: “Talita Kûm: bambina, io ti dico, alzati!”. La parola Goum porta in sé una tale vitalità che alla fine raggiunge il cuore della vita cristiana che consiste nell’entrare nella pienezza della Vita, passando per la morte e la risurrezione. Nella parola ‘Goum’ si nasconde la parola ‘Pasqua’!

Accettare quindi di vivere con tutto se  stesso la spiritualità contenuta in questa meravigliosa parola, partendo insieme per sette giorni in deserti silenziosi, dormendo insieme come pellegrini, mangiando insieme quel tanto che bastaè sicuramente un modo originale e unico per vivere una Pasqua ed entrare nella novità della vita cristiana!... e pare che ne valga la pena!!

 

Padre Stefano

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