La tribù Goum

 

Prima uno, poi due, poi tre, poi gli altri... Tutti sono arrivati da lontano, chi in treno e chi in auto. Si sono ritrovati sulla piazza del paese in 18/20 persone, fra uomini e donne. I responsabili li aspettavano per accoglierli. Alcuni brillavano per la grande gioia di rivedersi dopo un anno di impaziente attesa. Altri invece, nascondevano un po’ di timidezza, qualche incertezza e un attimo di distanza. Comunque erano là, tutti! Non potevano però considerarsi ancora una Comunità, una Tribù. La maggior parte di loro non si conosceva, era come se fossero stranieri gli uni per gli altri. Ci vuole del tempo perché nasca una fraternità Goum!

“Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo... disse la volpe” (Saint-Exupéry - Il Piccolo Principe).

 

Anche se all’inizio i Goumier non parlano la stessa lingua, si mettono ugualmente a camminare nella stessa direzione. Infatti, la strada, come la fame, la paura o il canto, avvicina sempre. Camminare nel deserto è la culla della fraternità Goum.
Nonostante sia vero che ognuno avanza secondo il proprio ritmo su quelle piste di libertà, è anche vero che una particolare attenzione all’altro è sempre necessaria. Infatti se per alcuni l’avventura nel deserto stimola gli slanci, per altri può generare incertezza. Allora, quando ci si accorge che certi rimangono indietro e camminano soli, troppo soli, bisogna con molta discrezione lasciarsi raggiungere, saper tenere il loro passo e procedere fianco a fianco, senza dir nulla o quasi, ma essere lì, accanto, presenti e delicati. Un po’ come Gesù risuscitato sulla strada di Emmaus: “Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro, ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo” (Luca 24, 15-16). Ecco ciò che alcuni Goumier, troppo soli e amareggiati a causa di disgrazie personali, si aspettano per ripartire nella loro vita, finalmente rincuorati da una presenza amica e discreta: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?” (Luca 24, 32).

“Non si conoscono che le cose che si addomesticano, disse la volpe. Gli uomini non hanno più il tempo di conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se vuoi un amico, addomesticami!” (Saint-Exupéry - Il Piccolo Principe).

 

La strada, la povertà indossata, il deserto fanno cadere le maschere. Liberati da ogni convenzione ed apparenza, i rapporti tra i Goumier non tardano ad approfondirsi, grazie a quei semplici gesti di accoglienza, di condivisione, grazie anche a quei servizi offerti in ogni istante non all’Umanità intera, ma a Matteo, ad Anna, ad Andrea, a Giuliano... Basta poco a volte per dimostrare all’altro un grande amore: una parola di conforto, una freccia tracciata per terra per indicare la pista giusta, diversi chilometri condivisi insieme, un fuoco acceso prima dell’alba per cuocere il riso quotidiano, un saluto caloroso al mattino, che può illuminare tutta la giornata, un sorriso, un’energica stretta di mano, persino rispettare un silenzio... Ed è  proprio perché questi gesti sono fatti pensando ad ognuno, che creano quella presenza reciproca, quel fertile terreno in cui nasce l’amicizia e cresce la fraternità Goum. Anche senza sbandierare il loro ‘curriculum vitae’, i Goumier si rivelano pian piano nella trasparenza e nella verità. Colui che ci sta a fianco non è più uno qualunque fra tanti, ma un fratello o una sorella di cammino, che sa ricevere un’attenzione e che sa offrire la propria.

“Che cosa bisogna fare per addomesticare? disse il piccolo Principe.
- Bisogna essere molto pazienti, rispose la volpe. In principio tu ti siederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma, ogni giorno, tu potrai sederti un po’ più vicino...
- Il piccolo Principe ritornò l’indomani. Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora, disse la volpe. Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora, aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi: scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono dei riti.
- Che cos’è un rito? disse il piccolo Principe.
- Anche questa è una cosa da tempo dimenticata, disse la volpe. È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore” (Saint-Exupéry - Il Piccolo Principe).

 

Se la fraternità Goum è nata durante il cammino, se i suoi legami si sono stretti e consolidati nel servizio o nelle reciproche attenzioni, sicuramente è dalla Comunione allo stesso Pane di Vita che essa si nutre in modo duraturo. Soli nell’immensità del loro grande deserto, i Goumier si riconoscono tutti figli e figlie di uno stesso Padre.
Il raid Goum consiste proprio in questo: nei chilometri percorsi insieme, nel bivacco preparato insieme, nel canto serale attorno al fuoco insieme, nel temporale sopportato insieme, nell’altare preparato insieme, ma, soprattutto, nell’Eucaristia ricevuta insieme. Ritroviamo in tutto ciò il vero significato della parola GOUM, termine intriso di relazioni umane autentiche: ‘una razza’, ‘una tribù’, ‘un popolo’ unito dallo stesso ideale di risurrezione e di vita donata. Spesso, questo non si ferma qui, ma diventa stile di vita che impregnerà le relazioni vissute nel quotidiano, dopo il rientro dal Goum: “La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola” (Atti 4, 32).

 

E poi arriverà l’ultima mattina... I Goumier si guarderanno ancora una volta negli occhi, si saluteranno pian piano, chiamandosi per nome, portando nel cuore una punta di nostalgia, una particolare fitta allo stomaco e un’improvvisa paura di lasciarsi, di non rivedersi più e di perdersi, poiché ognuno avrà lasciato nell’altro un’impronta di luminosa fratellanza. Per molti mesi ancora avranno il ricordo del loro deserto solcato dall’amicizia.

 

Padre Stefano

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