Una missione raggiante

 

La forza della testimonianza non si misura con le ore di riunioni passate a parlare, nel susseguirsi rapido di progetti apparentemente importanti, con i chili di lettere inviate per sensibilizzare, con l’accurata gestione dei siti per proporre riflessioni, catechesi o altro,... Certe volte ci dimentichiamo che i primi protagonisti della missione sono Gesù e lo Spirito Santo. In qualche modo potrebbero fare a meno di noi per irradiare la Salvezza nei cuori degli uomini. Purtroppo, spesso siamo noi a fare a meno di loro, credendoci indispensabili per la riuscita dell’annuncio della Parola.

 

La forza della testimonianza dipende, innanzi tutto, dalla qualità della vita spirituale. Questo avviene attraverso un incontro unico e personale con Gesù. Senza un contatto intimo con Cristo, la missione cristiana rischia di perdere il suo obiettivo, di sparpagliarsi e di diluirsi. La lettura dell’inizio del Vangelo di Giovanni ne dà una prova lampante. Appena incontrato Gesù, il discepolo non può fare altro che comunicarlo al suo amico... e quindi nasce una catena di incontri: “I due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: ‘Che cercate?’. Gli risposero: ‘Rabbì, dove abiti?’. Disse loro: ‘Venite e vedrete’. Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: ‘Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)’ e lo condusse da Gesù” (Giovanni 1, 37-39).
Perché la fede possa ricaricarsi e irrobustirsi, necessita di tempi forti, lontana dal chiasso e dalla distrazione per stare nella Presenza di un Volto! Se i Goumier scappano nel deserto, una volta all’anno, non è per rifugiarsi egoisticamente in luoghi protetti, lontani dalla monotona quotidianità, bensì per trovare un trampolino che li proietti in alto. E’ in queste solitudini che  le invocazioni liturgiche della Messa trovano un significato pieno: “In Alto i nostri cuori! – Sono rivolti al Signore!”. 
Come si fa a custodire un tizzone in tasca senza bruciarsi? E’ cosa impossibile! Come si fa a tenere per sé una fede riscoperta? E’ cosa impossibile! Diceva Caterina da Siena: “Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!”. Quando si è incontrato Gesù, tacere è insopportabile! La fede è di per sé comunicativa: “Guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1 Corinzi 9, 16). La fede è un dono che cresce tanto più forte e rigoglioso, quanto più viene dato e testimoniato. La fede non diminuisce ad essere donata. Al contrario, si moltiplica e aumenta quanto più incisiva è la testimonianza!

 

L’avventura Goum è la culla che prepara i profeti del Dio Vivente che il nostro mondo, in apparenza indifferente alle cose della fede, aspetta per confrontarsi e per ritrovare speranza: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ma come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno senza essere prima inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene” (Romani 10, 13-15). I Goumier vogliono partecipare a questa missione camminando non solo nel loro deserto, ma ancora, sull’esempio del profeta Giona, andando a testimoniare in quelle immense città o periferie sconfinate: “Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: Alzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dirò” (Giona 3, 1).
La nostra società, e in modo particolare, il grande ‘continente’ della gioventù, cerca dei ‘segnali’ coraggiosi che indichino chiaramente una direzione da seguire. Consapevolmente o meno, i giovani aspettano delle guide credibili e dei maestri capaci di annunciare la Buona Novella, la quale è sinonimo di autentica liberazione, di pienezza e di pace interiore. Non bisogna dunque aver timore di insistere e di ritornare infaticabilmente sulle meraviglie della Parola di Dio. Al contrario, tacere le grazie ricevute sarebbe una grossa colpa e, il silenzio, un vero crimine.

 

Tuttavia per risplendere, questa testimonianza dovrà essere nutrita, altrimenti rischia di indebolirsi e di essere gettata via e calpestata dalla folla! “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini” (vedi Matteo 5, 13). Come coltivare l’urgenza della testimonianza?:

  • partendo una settimana all’anno nel deserto, là dove Dio parla al cuore. E se fossimo impossibilitati a ripartire per fare un Raid Goum per qualche anno, conserveremmo nel cuore una tale nostalgia del deserto che alla prima occasione, ripartiremmo davvero!
  • osando organizzare un raid. E’ una questione di generosità interiore e non solo di competenza. È una responsabilità che merita di essere presa! Ci sono tante persone che aspettano che qualcuno apra loro una pista verso la speranza. La risposta urge! “Poi io udii la voce del Signore che diceva: ‘Chi manderò e chi andrà per noi?’. E io risposi: ‘Eccomi, manda me!’ (Isaia 6, 8);
  • ritagliandosi degli spazi di silenzio e delle oasi di preghiera durante tutto l’anno, a casa propria, in camera e nel proprio quotidiano per mantenere viva la fiamma che brucia. Ciò non è sempre facile perché la vita è frenetica, ma l’esperienza delle meditazioni mattutine nel deserto saranno di stimolo per essere costanti nella preghiera, costi quel che costi!;
  • partecipando degnamente ai sacramenti dell’Eucaristia soprattutto il giorno di domenica che è il Giorno dell’Incontro del Risorto con la sua Comunità. Ma perché non provarci anche, qualche volta, durante la settimana? Non si tratta più allora di una messa di precetto, ma di una messa ‘gratis’, vissuta generosamente, per amore e per la gioia di incontrare, nel quotidiano, Gesù che cammina con noi. Senza poi dimenticare il sacramento della Riconciliazione;

dedicando del tempo alla formazione della propria fede, poiché essa non è solo un grido di annuncio, ma anche una parola articolata. Non è accettabile essere dei giganti della scienza e della cultura, che spesso assorbono tutte le energie umane, al punto tale da dimenticare la fede, allo stesso tempo, rimanere dei nani di fronte alle domande essenziali della vita e della salvezza dell’uomo! In materia di fede il cristiano non può crogiolarsi in una comoda ignoranza: “Chiunque sa fare il bene e non lo compie, commette peccato” (Giacomo 4, 17). Voler diventare un testimone credibile significa dunque ristabilire l’equilibrio, avendo come “prima e fondamentale preoccupazione l’unità nella verità. Per questo il cristiano si sforza di acquisire, alla luce della Rivelazione di Cristo e del magistero eterno della Chiesa, una conoscenza metodica e profonda delle verità della dottrina cristiana, in particolare dell’ordine sociale cristiano. Una conoscenza libera dal dubbio e senza confusione” (Giovanni Paolo II). Tutto ciò ha inizio dalla selezione che ciascuno opera nella propria biblioteca, poiché la lettura eleva al quadrato o divide per quattro a seconda della scelta dei propri libri... senza dimenticare una lettura attenta e meditata della Bibbia.

 

Padre Stefano

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