Vivere il presente nella presenza

 

Siamo i figli della nostra società moderna. Non possiamo fare a meno di esserci, almeno di scappare su qualche isola, lontano da tutto e tutti, lontano da ogni responsabilità. Essere irresponsabili però e non voler affrontare le sfide del nostro mondo, non è di nostro gusto! Ciò che importa è essere consapevoli dei rischi e delle difficoltà che, ogni giorno, tentano, scoraggiano ed affaticano, per poi reagire, trovare le soluzioni, crescere e fare le scelte positive che fanno l’uomo bello, a immagine del suo Dio!
Le nostre città moderne sono diventate mostruose! Non sono più a misura d’uomo. Costruite dall’uomo, smantellano l’uomo! Però sono anche l’universo frenetico dove ognuno vive, si sposta, corre, lavora, compra, ama, sorride, piange e lotta,... Oggi, purtroppo, non si può fare a meno di andare al suo passo schizzato e allucinante.  Troppe volte si rischia di essere inghiottiti dalla sua accelerazione, dalla sua velocità!
Fin dalla mattina la sveglia suona, bisogna partire di fretta con gli occhi ancora gonfi dal sonno. Poi il cellulare squilla, bisogna rispondere spezzando una preziosa discussione. La campana suona, bisogna scappare via perché il lavoro non ammette ritardi: il tempo è... denaro. E la corsa comincia in tutte le direzioni: il lavoro, l’azienda, la concorrenza, la famiglia, i bambini, le tasse da pagare, l’assicurazione che scade, gli studi, gli esami, le serate, le riunioni, la politica, le spese,... Corse pazze per spostarsi con la macchina, o nel treno spesso in ritardo, o nella metropolitana ingolfata; corse frenetiche al lavoro, corse dettate dal profitto, corse contro il tempo! La testa pensa troppo e va altrove, ma il piede rimane spinto a fondo sull’acceleratore della macchina per recuperare il ritardo, magari passando con il semaforo rosso rischiando di sbandare, di seminare solo vento e raccogliere tempesta. Ci siamo divertiti con il tempo, lo abbiamo strappato, spezzato, ci siamo presi gioco di lui e l’abbiamo ammazzato... nell’attesa che sia lui ad ammazzarci!
Il presente non esiste più. E’ stato ridotto a polvere di atomi slegati tra un prossimo futuro angosciante e un passato dimenticato. Il presente sfugge e scappa senza essere vissuto in modo cosciente. Non ne abbiamo mai abbastanza e il poco che avanza, lo perdiamo stupidamente. Non si vive più!! Non si mangia più! Non si dorme più! Le relazioni con le persone diventano senza consistenza, come estranee! Siamo diventati assenti agli altri e a noi stessi... E’ rimasto solo lo stress!
Tutto ciò perché ci siamo dimenticati che c’è un tempo per ogni cosa, che esiste una disciplina del tempo: “Un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare, un tempo per cercare e un tempo per perdere” (Qoèlet 3, 2...6). Risucchiato dal vortice dell’agitazione, l’uomo moderno ha perso la testa. È il male del secolo e non passerà facilmente, a meno che...
... a meno che non si riesca a sfuggire a questa corrente che travolge irresistibilmente.

 

Anche i Goumier conoscono le partenze fulminee di una vita di lavoro lanciata a 140 chilometri orari e le stesse violente e improvvise fermate che li proiettano nell’assenza di se stessi! Se scelgono infatti di camminare nel deserto, è per imparare nuovamente a vivere al ritmo del sole, delle stelle, di un passo equilibrato, di gesti semplici, ma compiuti con attenzione. Hanno scelto di muoversi al ritmo dell’infinito e dell’eterno.

 

Ma voler seguire le cadenze del presente non appare così evidente, almeno da principio. È necessario cominciare a piegarsi alle sue esigenze - due in particolare - che non possono essere in alcun modo separate, se non a rischio di scivolare nuovamente nell’evasione, nella fuga verso l’irrealtà:

  • Vivere il presente, adesso!
  • Vivere nella presenza, là!

Vivere il presente è, innanzi tutto, imparare la regolarità di nuovi ritmi: svegliarsi presto prima dell’alba, meditare la mattina presto, coricarsi dopo una giornata di cammino all’imbrunire,

... Si tratta di riscoprire i ritmi naturali scritti nella natura: il tempo del sole e quello della luna, il tempo per parlare e quello per ascoltare, un tempo per fare bene ogni cosa. Quello dei Goumier è l’orario degli uomini della terra ed essi ci tengono molto. Esso consiste nell’alzarsi presto la mattina e riposarsi presto la sera dopo il lavoro! Invece, andare a riposare tardi per aver sperperato del tempo in chiacchiere è una ‘bestemmia’ alla bellezza della notte e delle stelle che parlano di Dio.
Certo, i primi giorni sono ancora difficili: è necessario liberarsi dai condizionamenti della città e perdere le proprie abitudini di uomini stressati, come ad esempio quella di guardarsi il polso privo d’orologio! Vivere il presente si interiorizza pian piano e con naturalezza: quell’istante di estasi all’apparire del sole, quella meditazione che dura sessanta minuti, quelle messe celebrate come se davanti a sé ci fosse l’eternità, quei chilometri che sono veramente mille metri ognuno, quelle soste rilassate all’ombra di un albero, quel tempo guadagnato a raccogliere frutti selvatici nella siepe, quell’acqua sorseggiata alla boraccia: “Era dolce come una festa” (Saint-Exupéry). Allora sì, ogni gesto penetra in un tempo che dura, un tempo senza orario, un tempo che mette in comunione con l’eternità.
Così, i Goumier si sbarazzano di quelle angosce che li tenevano legati ad un passato scomparso o a quell’impazienza che li precipitava in un futuro ipotetico. Poco a poco, si immergono nel solo PRESENTE che non conosce né passato né futuro! In effetti bisogna aver scelto le pietre una ad una per costruire il bivacco serale, aver sistemato accuratamente la carta, i rametti secchi e la legna, essersi impegnati a darvi fuoco e rallegrarsi nel vedere la fiamma crescere a poco a poco per gustare il presente che dura in ogni istante. L’unica cosa che conta veramente è l’istante presente, poiché è l’unico che esiste realmente. È leggero e passa rapido tra il passato, perennemente in fuga e il futuro che deve ancora arrivare. Se esistono il passato e il futuro è perché sono dipendenti dal presente: da soli non hanno significato. Progressivamente i Goumier si disintossicano dai ritmi frenetici della grande città. Che gioia per loro scoprire e intensificare il senso dell’abbandono, rimettendo il loro passato nelle mani misericordiose di Dio e affidando alla santa Providenza il loro futuro per poter vivere intensamente ogni istante presente! L’istante presente è l’epifania del tempo del Dio di Mosè: “Yahvé  Io Sono” – il Presente in assoluto - che entra nel tempo degli uomini.

 

È già una gran cosa “vivere il presente, adesso”, ma questo non basta. Occorre spingersi oltre, accettando di “vivere nella presenza, là!”. L’istante presente e il mettersi in presenza sono due esigenze difficili da conciliare. Quante volte infatti ci è capitato di sorprenderci fisicamente presenti dinnanzi a qualcuno, ma di fatto, lontani, poiché la nostra mente vagabondava altrove? Oppure, al contrario, spiritualmente vicini ad una persona pur essendole lontani fisicamente? La pienezza dell’amore e della gioia può essere raggiunta solo se tutta la persona - corpo ed anima - vive ‘al presente’ e nella ‘presenza’. “Vedete quale dura lotta sia il poter sopportare con dolcezza la lontananza da colui che si ama?... Per coloro che si amano infatti, non basta essere uniti dall’animo, questo non è sufficiente a consolarli. Essi necessitano della presenza fisica. E se questa non viene loro accordata, essi vengono privati di una gran parte della loro felicità” (San Giovanni Crisostomo).
Per riuscire in tale impresa, occorrerà molto coraggio e pazienza. Spesso sarà necessario ritornarci sopra, rendendo lo spirito pronto a cogliere ‘l’istante presente’ e lavorando per avvicinare le estremità dello spazio in uno stretto ‘mettersi in presenza’, per poter vivere un faccia a faccia nell’UNO! Ma restiamo con i piedi per terra! La perfezione non è di questo mondo. È del Cielo. Solo nella Visione di Cristo e non altrove, saremo uniti alla Presenza dell’Eterno e, attraverso Lui, alla presenza di tutti coloro che avremo amato e che ci avranno amato.
Nell’attesa... i Goumier coltivano quel ‘mettersi in presenza’ durante il raid nel deserto. Nei loro gesti abituali, essi mettono qualcosa di straordinario: quei minuti di silenzio che precedono il pasto mattutino o serale spesi per mettersi alla presenza di Dio, di se stessi e degli altri; quella pazienza lungo il cammino per lasciarsi discretamente raggiungere da Luca che arranca e camminare fianco a fianco; quei servizi resi pensando a Giovanni, a Simona, a Francesca; quella preghiera serale che ha permesso a Stefano di confidare i suoi segreti; quella spiga di lavanda appuntata delicatamente alla djellaba di Sara; questo gesto di pace offerto alla messa, guardandosi chiaramente negli occhi, tutti carichi di luce,... E tante occasioni per parlare - poiché parlare libera - ma soprattutto di ascoltare, di lasciarsi disturbare per accogliere i gesti dell’altro, la sua timidezza, i suoi consigli, il suo sorriso e, forse, il suo cuore; tanti stimoli per stringere dei legami e altrettante occasioni segrete per ricevere una presenza ed offrire la propria. Questo è di gran lunga il miglior dono di se stessi!
Se occorrono molti chilometri per unire la tribù Goum, è proprio grazie a questo ‘mettersi in presenza’, che i legami di vera solidarietà Goum si stringono per far nascere relazioni vere che durano oltre il tempo.

 

Dai chilometri nelle nostre terre desertiche nascono pian piano i miracoli: ciò che era spezzato e annientato dal bombardamento dello stress cittadino, ormai rinasce. Vivere in prima persona ‘l’istante presente’ nella ‘presenza dell’altro’ significa penetrare nel luogo dove ci si incontra, ci si scopre, ci si apprezza, ci si aiuta reciprocamente e ci si scambia ciò che di meglio si possiede.

Sono le condizioni necessarie affinché possano incatenarsi queste tre concetti: ‘amore’, ‘comunione’ e ‘vita’. Infatti quando si ama, si ha voglia di stare in comunione con la persona amata e con lei, vivere la vita. Detto con altre parole, l’amore è il frutto di un incontro al quale il cuore crede. Esso raggiunge la sua perfezione nel dono di se stessi, in quell’apertura generosa verso il prossimo. Allora la sincerità e la trasparenza fioriscono in relazioni umane autentiche e in comunione, per svilupparsi poi in creatività, in servizio e in vita.

 

Padre Stefano

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