Stupirsi davanti al bello


Oggi, la maggiore parte delle persone vive in città. Per certi versi è sicuramente più comodo, perché nell’agglomerato si trova un po’ tutto, le relazioni sembrano più vicine e si ha l’impressione di non essere troppo soli. In contraccambio però, è caro il prezzo da pagare per vivere in queste megapoli fatte di case all’infinito, altipiani, capannoni all’eccesso, strade, vicoli, autostrade, traffico, asfalto e cemento armato, stress, accelerazioni continue, chiasso diurno e notturno... E’ un po’ la vita quotidiana di ognuno e a forza di starci l’uomo diventa simile alla gabbia in cui abita!
Senza voler essere drammatici, si può dire che ci sono alcuni ambienti cittadini dove regna una disarmonia sconvolgente. Sembra che il brutto, opera di un’intelligenza schizzata, stia dilagando un po’ dappertutto, giornali, televisione, pubblicità, musiche varie, certe mode, l’edilizia,... Ci vuole poco perché la persona soffochi, rattrappisca e muoia! Un brutto mondo non tarda a rendere l’uomo brutto.
I cinque sensi allora si attenuano pian piano: miopia per gli occhi troppo attaccati allo schermo del computer o alla televisione, sordità per le orecchie ferite dal frastuono cittadino, disturbi olfattivi per il naso che respira un’aria inquinata da tanto traffico, indebolimento del gusto per un palato abituato ad alimenti scontati, assopimento del tatto ammorbidito da un confort esagerato. Non sappiamo più osservare e meravigliarci! Occorre un’urgente terapia, cioè trapiantare il cittadino in un mondo bello, vergine e armonioso perché possa ritrovare il senso innato dello stupore. La bellezza è condizione perché l’uomo si possa espandere, trovare le vere dimensioni della sua alta vocazione.

 

Dopo qualche giorno, in questi spazi di libertà, i Goumier cominciano ad entrare in possesso del loro deserto. La scelta della povertà ha fatto crollare ogni sicurezza e garanzia. Il camminare a lungo agisce su tutto il corpo. Gli occhi si abituano progressivamente alle nuove luci ed agli orizzonti sconfinati del deserto. Le orecchie percepiscono armonie sconosciute. Solo allora i Goumier si aprono agli splendori della creazione.
Ci vogliono certi disagi per capire certi messaggi. Se all’inizio qualche Goumier pareva timoroso, adesso capisce che la sua vulnerabilità è condizione necessaria per pulirsi gli occhi, le orecchie e il cuore e finalmente vedere la bellezza! La sobrietà di vita è condizione necessaria per poter meravigliarsi. La vita contemplativa infatti, senza una certa ascesi, è impossibile. E’ esattamente questa la grazia dell’infanzia: sono proprio i bambini e tutti quelli che somigliano ad essi che sanno stupirsi ed ammirare. I ricchi sono insensibili: hanno già fatto tutto e visto tutto quanto. Niente più riesce a sorprenderli!
I Goumier vogliono essere quei poveri e quei bambini. Si oppongono a chi riduce tutto alla quantità e all’Avere, che smonta la vita come se fosse un orologio, che fa dell’universo un grande meccanismo, per poi fermarsi davanti ai vari ‘come’ dell’esistenza, senza mai spingersi fino ai ‘perché’. I Goumier colgono una sfida: non essere mai indifferenti di fronte alla bellezza!

 

Durante i loro lunghi percorsi i Goumier hanno tutto il tempo di colmarsi di bellezza. Basta lasciarsi andare, camminando al passo dei nomadi. Con naturalezza. Abbracciano gli orizzonti con i loro occhi, ammirano lo splendore di un’alba o di un tramonto, si fermano davanti ad un fiore, si lasciano sorprendere dal canto di una cicala, si strofinano le mani con le erbe aromatiche colte lungo i sentieri. Nel deserto si diventa, quasi senza accorgersene, uomini e donne del silenzio e della contemplazione.
La bellezza è, per i Goumier, un’occasione preziosa per risvegliare i cinque sensi assopiti dalla vita quotidiana e riaprirli alle meraviglie del mondo. Il quarto giorno, durante la meditazione possono capitare sorprese impreviste. Il creato sembra allora iniziare una sinfonia di colori, di silenzi e di suoni, di armonie che si allargano fino all’infinito. Finalmente si vede! Davanti a queste meraviglie, accadrà senz’altro che qualche Goumier, inconsapevolmente, si lasci sfuggire quest’esclamazione: “Che meraviglia!”. In effetti, non c’è niente di meglio che la pace e la bellezza della terra per aerare il proprio spirito e questo dona fiato, un respiro nuovo e tanta gioia spirituale!
“Ricorderò le opere del Signore 
e descriverò quanto ho visto. Il sole, orgoglio dei cieli è il limpido firmamento, spettacolo celeste in una visione di gloria! Mentre appare nel suo sorgere proclama: “Che meraviglia è l'opera dell'Altissimo!”. A mezzogiorno dissecca la terra
e di fronte al suo calore chi può resistere? Anche la luna sempre puntuale nelle sue fasi, regola i mesi e determina il tempo. Bellezza del cielo la gloria degli astri,
ornamento splendente nelle altezze del Signore.
Si comportano secondo gli ordini del Santo,
non si stancano al loro posto di sentinelle. Osserva l'arcobaleno e benedici colui che l'ha fatto,
è bellissimo nel suo splendore. Avvolge il cielo con un cerchio di gloria, l'hanno teso le mani dell'Altissimo” (Siracide 43, 1...12).

 

La bellezza contemplata non è certo frutto del caso. Ha un’origine: Dio, Bellezza suprema che, come un artista, ha profuso la sua eterna Bellezza nella sua opera, il creato. “O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo Nome su tutta la terra... Se guardo il cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate” (Salmo 8, 2...4). Dio è Bellezza di ogni bellezza!
Davanti a certi panorami, il Goumier si incuriosisce e cerca di capire quali siano gli ‘ingredienti’ che Dio ha usato per addobbare la natura di tanta meraviglia, perché quando si ha consapevolezza si apprezzano meglio le cose. Ci sono tre condizioni perché ci sia bellezza.

  • L’armonia, ossia la giusta proporzione tra le parti. Si tratta di un equilibrio intelligente che non accetta né la perfetta simmetria, né la mancanza d’integrità. E’ qualcosa di più che permette l’asimmetria, con le sue irregolarità, per rendere il tutto bello e fantasioso. Ora perché ci sia armonia ci vuole un certo ordine nell’opera progettata dall’artista. Poi, per plasmarla e farla bella, deve usare i criteri del bello, cioè certe misure e cifre. Dio è l’artista!... e per mettere la bellezza in tutta la sua creazione usa una cifra particolare che è la ‘sezione aurea’. (Il suo valore è 1, 6180. Può essere calcolato in quanto radice positiva dell'equazione x^2-x-1=0, le cui due soluzioni sono x=(1+sqr(5))/2 e x=(1-sqr(5))/2). La si ritrova in tutto il creato: nella composizione dei cristalli, nelle piante e nella crescita delle foglie attorno allo stelo, nei molluschi e negli insetti, nella musica, nei suoni naturali, nell’equilibrio dei corpi degli animali e in modo particolare nell’armonia del corpo umano.... E’ la “divina misura”, riflesso della bellezza di Dio e strumento che Dio ha scelto per imprimere l’armonia nel suo creato. I Greci sono stati i primi ad aver scoperto questa misura, per applicarla nella costruzione dei loro templi. Dopo di loro, ogni artista che sia architetto, musicista, pittore, scultore, o altro, ha accolto questa ‘misura dell’armonia’ per rendere belle le sue opere. La bellezza è il trionfo dello spirito sulla materia grezza, quando l’uomo vi imprime ordine e luminosità.
    Il fascino del deserto, l’ondeggiare di queste distese di silenzio e di vento non tardano a colmare di armonia gli occhi e i cuori dei Goumier. Sta nascendo dentro di loro pace e serenità. Il bello è trasparenza dell’ordine!
  • La luce, ossia la luminosità che piace agli occhi e la verità che rallegra il cuore. Come non meravigliarsi e stupirsi la sera, davanti ad un tramonto? Il sole saluta pacifico, prima di scomparire dietro alle colline. E per fargli festa, tutto l’orizzonte si infuoca con i mille colori : dal rosso, al giallo, all’ arancio... poi arriva il buio e svanisce la bellezza! Senza luce non esiste bellezza, invece quando risplende la luce è gioia per gli occhi: “Il bello è ciò che piace alla vista”! Oltre alla luce sensibile che rallegra i sensi, ne esiste un’altra che brilla nell’intimità di ogni persona: è la luce della verità. Senza di essa la vita di ognuno si chiude in una triste noia. A cosa serve vivere se non si sa perché si vive? La domanda è acuta e fa male per chi erra nella propria vita, come vagabondo senza meta. Ma appena la luce di verità penetra per dare un senso a tutto, allora tutto diventa più facile e bello. Nasce una gioia grande e la voglia di giocarsi, di creare, di fare delle belle scelte! E’ la bellezza spirituale. Non si è più erranti, ma pellegrini in cammino verso una meta alta.
    I Goumier sono un po’ come tutti gli uomini, a forza di stare in certi ambienti, ne imitano pian piano gli usi e i costumi. A stare a lungo nella luce del loro deserto, camminando o meditando, ascoltando o cantando, servendo o aiutando, pregando o comunicandosi al Pane della Bellezza, non tardano ad assorbire tutta la bellezza del creato e di Dio. Lo si vede bene alla fine della loro avventura, dalla luce che brilla nei loro occhi. Sembra che abbiano mangiato la bellezza! Dopo un raid Goum la luce non si guarda più allo stesso modo: la si ammira! “Il bello è lo splendore del vero!”.
  • La finalità verso la quale concorre tutto per dare a tutto ordine e bellezza. Non bastano l’armonia e la luce perché ci sia bellezza, ci vuole l’ultimo ‘ingrediente’ che è la finalità. Un’opera è bella quando è orientata verso uno scopo. Detto con altre parole, esiste nella realtà un doppio ordine: il primo è l’ordine tra le parti di un tutto, come la mano è bella quando fa parte di tutto il corpo, se invece fosse staccata perderebbe parte della sua bellezza; il secondo è l’ordine delle realtà nei confronti del loro fine. E’ ovvio che quest’ultimo ordine è più importante del primo. Occorre insistere su questo ‘ingrediente’ spesso dimenticato: non esiste bellezza senza finalità, in quanto ogni cosa è chiamata a raggiungere la propria vocazione, inserendosi progressivamente in un progetto più ampio che porta, in ultima analisi, alla Gloria di Dio.
    Durante i nostri Raid, attraversiamo terre di rara bellezza. Sembra un quadro, fatto di colline all’infinito, di terre coltivate, di boschi fitti, di sentieri che serpeggiano, di rocce aspre, di orizzonti spalancati sull’azzurro del cielo, fino ai minimi dettagli di una pianta di timo nascosto tra i sassi o di un cespuglio coperto di more. Ogni particolare trova il suo posto per concorrere ad un’ampia armonia. Tutto il creato è attraversato da un senso teleologico – cioè il senso del fine - in quanto l’universo è tutto ordinato verso un fine ultimo, che è Dio. Ogni finalità si inserisce in una finalità superiore per aumentarne la bellezza. Ad esempio, una pianta è bella quando tende a realizzarsi, il cipresso quando fa il cipresso e la quercia quando fa la quercia... Poi tutte queste piante si inseriscono a loro volta, in una più vasta campagna fatta di campi seminati, di vigne lavorate, di uliveti che tendono verso nuove finalità: quelle che permettono all’uomo di trarne un certo guadagno per vivere. E’ molto interessante, a questo proposito, notare che il lavoro dell’uomo, quando è rispettoso delle leggi della natura, aumenta la bellezza del creato poiché lo modella con la sua intelligenza per renderlo più umano, dunque più vicino a Dio. Infine, tutta questa campagna viene attraversata da un profondo movimento che tende verso l’ultima finalità: quella di cantare la Gloria di Dio: “Lodate il Signore dalla terra, fuoco e grandine, neve e nebbia,
vento di bufera che obbedisce alla sua parola, 
monti e voi tutte, colline,
 alberi da frutto e tutti voi, cedri, voi fiere e tutte le bestie, 
rettili e uccelli alati” (Salmo 148, 7-10).

 

Affascinati da tanto splendore, i Goumier non tarderanno a tradurlo in tutti gli aspetti del loro Raid Goum, in particolar modo in quei piccoli momenti della vita quotidiana. È proprio durante le loro giornate che essi scoprono l’importanza dei dettagli per trarne bellezza: annodare con cura il proprio foulard, deporre un mazzolino di lavanda ai piedi di un calvario, appuntare gentilmente una spiga alla djellaba di chi ci sta accanto, addobbare l’icona della Madonna dei Goum con le fantasie della natura, offrirsi per decorare graziosamente l’altare, sorridere anche se delle volte non se ne ha voglia per niente!... A vivere nella luce per tutta una settimana, si acquisisce una specie di ‘istinto’ per il bello! La bellezza non tarda a contagiare la vita, al punto di illuminarla facendone un “capolavoro di amore dato”!
E’ interessante notare che il bello segue un doppio movimento: se si tratta di una bellezza sensibile – quella della creazione e quell’artistica – il movimento del bello va dall’esterno all’interno dell’uomo, tramite i sensi della vista e dell’udito. Essa entra dentro per arricchire la sua vita interiore di gioia spirituale. Questa bellezza è più che mai urgente per l’uomo moderno, troppo spesso ferito da un mondo caotico e brutto! Non si può vivere a lungo nella bruttezza. Ci si deforma! Se invece si tratta di bellezza morale e spirituale, il movimento del bello passa dall’interno all’esterno dell’uomo, tramite la scelta. Essa traduce ciò che si ha nel cuore in atti belli e al fine di fare della propria vita un “capolavoro d’amore dato”. E’ quello che vogliono vivere i Goumier dopo il loro rientro a casa. La bellezza accolta, diventa bellezza data a persone che la aspettano con ansia!

 

Giorno dopo giorno i Goumier non cessano di meravigliarsi! Tutta la bellezza ammirata nel creato echeggia nel Vangelo meditato. Non ci sarà forse un rapporto intimo tra queste due bellezze? Gli occhi puri sanno vedere l’intreccio della luce che sta nell’uno e nell’altro. Stare davanti a distese sconfinate, o guardare i greggi rientrare la sera, o gustarsi i grappoli d’uva che fruttificano nella vigna, ammirare il biondeggiare dei campi sotto il sole estivo è accogliere una bellezza che si riflette nel Vangelo. Quante volte Gesù racconta le sue parabole partendo dai fatti quotidiani della vita campestre? Ci narra la pecora perduta e il gregge che segue il buon pastore, la vigna che viene potata per dare tanta frutta e il seminatore che butta il seme abbondantemente in tutte le direzioni! Una bellezza chiama l’altra. La bellezza del creato è ‘alto parlante’ della bellezza della Parola di Dio. Quando il cuore si dilata nel bello e nella luce, accoglie meglio la Buona Notizia e la sua bellezza salva! Gesù ne era perfettamente consapevole, lui che portava le folle sul Monte delle Beatitudini, (appena sopra il Lago di Tiberiade). Che spettacolo! Gli occhi e le orecchie si aprono: “Beati i vostri occhi perché vedono e le vostre orecchie perché sentono!” (Matteo 13, 16). Allora il cuore diventa questa terra buona dove il seme della Parola cade per poi fruttificare ora il cento, ora il sessanta, il trenta.

 

Padre Stefano

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